6 giugno 2014
Abbiamo di gran lunga apprezzato lo sforzo degli
artisti e degli organizzatori della manifestazione, nel loro tentativo di fornire una connotazione artistica importante a questa
Triennale, come si converrebbe ad una città come Roma, da sempre immersa
nell’arte. Siamo, tuttavia, rimasti meravigliati nell’osservare come la qualità
delle opere, nelle forme, nei colori e nei contenuti, fosse, a volte, così poco attraente,
naturalmente con qualche eccezione.
Seduti sui
marmi del bellissimo chiostro rinascimentale, attribuito a Giuliano
Sangallo, eravamo lì a riflettere di come fosse difficile ‘fare arte’ ai nostri
giorni. Da dove prendere spunto, come poter avere la giusta intuizione? Il
Prof. Daniele Radini Tedeschi, organizzatore dell’evento, aveva appena
verbalmente auspicato che bisogna ritornare alla condivisione dell’arte,
quella che c’era nelle botteghe di una volta, tanto per intenderci, di quando
l’artista era considerato un artigiano che si poteva misurare con l’altro in
una sana competizione. Giustissime le sue parole. Da parte nostra, però,
pensiamo che ciò non sia sufficiente: dobbiamo fare sì che l’artista possa
avere l’opportunità di attingere ad una fonte nuova ed inesauribile , una
comunicazione valoriale alta, una
originalità unica e irripetibile. Incredibile a dirsi, ma tutto questo sta in
ognuno di noi, indistintamente e, senza eccezioni.
Il Fluismo,
che si è presentato spontaneamente a noi, in maniera del tutto gratuita,
suggerisce questo rinnovamento esortandoci a cercare nel profondo della nostra
anima. “Già fatto! – qualcuno subito
direbbe – in fondo tutti gli artisti cercano nella loro anima qualcosa da
tirare fuori!”. La realtà sta nel fatto
che noi stiamo parlando di un artista con la A maiuscola la cui anima voli alto, in una parola sia “agganciata” al
soprannaturale, al divino e perciò possa trasmettere luce e, luce soltanto, per
riceverne sempre di più tanto da dover ‘indossare gli occhiali’ per non rimanerne
abbagliati. Questo è quanto ci piace
pensare riguardo all’Arte, in generale, che diventi una comunicazione superiore e che possa
lavorare per il bene dell’Umanità.
In occasione della Triennale Antonello Di Pinto espone presso la Galleria di Arte
Maggiore. Vi invitiamo, se avete la
possibilità, di non mancare, di vedere con i vostri occhi ciò di cui stiamo
parlando. Quest’inverno durante la sua personale presso la stessa Galleria esponeva
“ Gli avvistatori di comete”. Siamo rimaste ‘abbagliate’ dalle sue opere dove i personaggi, gli occhi rivolti al cielo,
rappresentano eroi attratti da mondi invisibili che non temono le forze sconosciute della crescita. Ci siamo
accorte che Antonello, con nostra meraviglia, parlava lo stesso linguaggio del
Fluismo annunciando un evento unico al mondo, un viaggio senza astronave che ha
inizio nelle pieghe della carne, nel cuore e nell’anima di ognuno di noi. Così anche noi abbiamo indossato gli occhiali
da saldatore e guardato in alto, scrutato il cielo con la speranza di far parte
di “Quelli che cantano al giallo” come dicevano gli aborigeni australiani nella
loro infinita saggezza .
Le foto,
quasi inutile dirlo, sono della nostra maestra dei Tratti dell’Anima e Fotografa
eccezionale, Francesca Benedetti, nonché mia amica con la quale, come sapete
condivido l’avventura che il Fluismo ci sta letteralmente regalando!
A tale
proposito ci fa piacere riproporre qui di seguito l’intervista fatta al maestro
Antonello Di Pinto.
Un saluto a
tutti e, continuate a seguirci, le novità sono appena iniziate!!!!!
Clara Orlandi
Intervista Antonello
Ho conosciuto
Antonello in occasione della sua personale presso la Galleria d’Arte Maggiore a
Roma.
Gli
Avvistatori di Comete, questo il titolo della mostra; critico d’eccezione:
Vittorio Sgarbi. Queste le sue parole: “Dipingere è un’arte difficile. Non
molti sono dotati ma Di Pinto lo è. Oggi il pittore è obbligato a trovare temi
che diano un senso alla propria visione. Di Pinto è un artista legato al suo
tempo e ha capito l’importanza di trovare linguaggi che incontrino la
sensibilità di nuove generazioni. Attraverso i suoi soggetti Di Pinto dà forma alle sue idee e ai suoi sogni. I
soggetti di Di Pinto vivono una loro intensa solitudine e hanno una storia da
raccontare…”
Che Antonello sia una persona non comune è evidente. Basta parlare un po’ con lui per rendersene subito conto. È un uomo dalla vitalità dirompente, una di quelle persone che hanno già tutto dentro di sé fin dalla nascita, possiede una intelligenza brillante, propria dell’essere creativo a 360 gradi. Antonello dice :“Per me dipingere, scrivere, comporre una canzone, curare la siepe di gelsomino, cucinare, ristrutturare casa, comunicare, sono la stessa identica cosa”. È fuori dubbio che Antonello mette passione in tutto ciò che fa.
Questo suo modo di essere rispecchia una intensità emotiva che è presente in tutte le sue opere e che colpisce al primo sguardo per lasciar trasparire una determinazione, quella che ti porta costantemente a migliorare. Antonello è un uomo dalla coscienza lucida sulle sue capacità e potenzialità. Questa è stata la mia percezione su di lui. Dopo i primi contatti e, con la speranza che questo notevole artista potesse aderire al FLUISMO, abbiamo dato appuntamento ad Antonello ad Anzio, un ridente comune del Lazio, ed ora siamo qui seduti intorno al tavolino di un bar-veranda che s’affaccia sul porticciolo; la sua bellissima moglie, la signora Renata Di Stasi ci fa compagnia per questa intervista.
Clara. Allora Antonello, intanto ti ringrazio per aver accettato di incontrarci e, per rompere il ghiaccio, come se ce ne fosse bisogno, inizio subito col chiederti quando e dove sei nato.
Antonello. Sono nato a Barletta il 5 settembre del ’60, ma mi divido fra l’Italia e la Spagna, terra che adoro. Ora vivo con la mia famiglia a Lavello un piccolo paese della Lucania.
Clara. Sono curiosa di sapere come e quando è iniziata la tua passione per la pittura, come ti sei avvicinato ad essa…
Antonello. Non mi sono mai avvicinato alla pittura, sono sempre stato un pittore. Non esagero se ti dico che sono nato così. Mi ricordo che avevo solo tre anni, quando il giorno della Befana, mi regalarono un astuccio di colori. È così che ho iniziato a disegnare, incoraggiato dalle suore benedettine, ero molto apprezzato per i miei disegni coreografici dei santi, degli angeli e del Bambino Gesù. Insomma, a cominciare dalle matite, i colori non mi hanno mai abbandonato. Poi, in casa, c’era mio fratello Nicola che dipingeva e, dunque, da sempre ho vissuto l’odore della pittura.
Clara. C’è, nella tua produzione artistica, un’opera che ti rappresenti in modo particolare, un’opera con cui ti identifichi?
Antonello. No, assolutamente no. Il buon quadro non l’ho ancora fatto!
Renata. Sono quarant’anni che mio marito parla di un buon quadro. Ogni volta che ha in mente un’opera nuova, spero sempre sia quella giusta! Per il momento stiamo lavorando alla ricerca di una modella che possa ispirare ad Antonello la figura dell’Arcangelo Gabriele.
Clara. Beh! Puoi anticiparmi qualcosa su questa nuova tela? Perché l’Arcangelo Gabriele?
Antonello. Chi siamo e da dove veniamo è la domanda che mi pongo di fronte alla tela bianca, ma soprattutto mi chiedo dove andremo e come traghettare tutta l’arte del passato in un linguaggio e una forma nuova che possa parlare alle nuove generazioni. Non bisogna dimenticare i grandi insegnamenti del passato da Van Dik a Rubens, a Giorgione, a Lorenzo Lotto. Tutti i grandi artisti del passato contribuiscono a definire al meglio il mio linguaggio espressivo.
Clara. E Gabriele?
Antonello. Il nome Gabriele deriva dall’ebraico e significa ‘l’uomo forte di El’. Ha annunciato la nascita di Giovanni Battista e di Gesù e per i musulmani è stato il tramite attraverso cui Dio rivelò il Corano a Maometto ed è uno dei capi Messaggeri di Dio. Nella tradizione biblica è, a volte, rappresentato come l’angelo della morte o anche come l’angelo del fuoco. Il Talmud lo descrive come l’unico angelo che può parlare siriaco e caldeo.
Clara. Osservando le opere che hai presentato in Avvistatori di Comete, ho avuto la stessa sensazione che ho provato per la prima volta davanti alle opere degli aborigeni australiani, così lontani da noi per tempo, luogo e cultura. Ho scoperto che le loro opere, così come le tue, non vanno semplicemente osservate. Ci sono opere che ti parlano, che ti vengono incontro, sembrano uscire dalla tela per interagire col tuo sentire. Sono opere che pongono domande, che sollecitano, in un certo senso, il cammino interiore proprio di ogni individuo. Pensi che io abbia visto giusto?
Antonello. È
così, non voglio continuare per tutta la vita ad incrementare il numero delle
mie opere solo per accumulare consensi, si tratterebbe solo di liberarmi
dall’ansia che ogni volta mi prende quando inizio a pensare di realizzare
un’opera. Sento che in ogni uomo c’è il momento dell’interiorità, a volta è
solo un inizio, a volte è così breve che si rischia di non percepirlo. Io non
voglio che la storia della mia pittura abbia una fine senza che si sappia chi è
il Vero Protagonista.
Clara. Molto
interessante, quindi una interiorità senza spazio né tempo.
Antonello.
Sì, hai toccato un tasto importante la chiave dei miei concetti sta nel tempo.
Sogno un Universo che diventi sempre più piccolo per il genere umano, un luogo
dove potersi muovere semplicemente con un battito di ciglia.
Clara. Ancora
una volta trovo analogie con il così detto Tempo del Sogno degli aborigeni
australiani: un luogo dove passato, presente e futuro sono un tutt’uno.
Antonello.
Sì è in questo spazio che vorrei trovarmi, per comprendere come questo spazio
funzioni….meno male che c’è Renata a sostenermi. È al mio fianco da sempre con
i suoi suggerimenti preziosi. È lei che mi ha spinto, ad esempio, a frequentare
l’Accademia. È in Accademia che ho imparato a conoscere le tecniche, i
materiali, gli stili, la storia dei grandi personaggi. È attraverso la mia
formazione che posso esprimermi al meglio. Nei miei dipinti c’è tutta l’arte
antica riflessa nell’arte contemporanea. Certo, dopo tanti anni di studio e di
ricerca, la tecnica rimane in secondo piano, ciò che mi interessa oggi è il
fatto di essere compreso subito da chi guarda in modo tale che il mio pensiero
diventi visibile, fruibile, fluistico tanto da poter far scaturire un dialogo
fra le miei opere e chi le ‘ascolta’.
Clara.
Renata, come vivi vicino a questo uomo ‘vulcanico’?
Renata. La
complicità è ciò che ci tiene uniti. Antonello è un uomo col quale non ti annoi
mai. Ricordo come un giorno di tanti anni fa, presi entrambi dalla passione per
la Spagna montammo in macchina e partimmo senza una meta per arrivare in
Catalogna dove ci siamo stabiliti artisticamente.
Antonello.
Scusa Clara ti ho accennato alla mia propensione per la scrittura.
Clara. No, ma
non ne sono affatto sorpresa la mia impressione su di te è quella di trovarmi
di fronte a un creativo a 360°.
Non faccio in
tempo a formulare questo mio pensiero che Antonello tira fuori dalla sua valigetta
due volumi da lui scritti e mi dice :”Bene, leggi e poi fammi sapere che ne
pensi!”.
Clara Orlandi