Sono centinaia di anni che Matera ‘parla’ il suo linguaggio. I suoi Sassi si sono fatti carico, quasi ad espiare, la vita dell’uomo con le sue complesse vicissitudini. Per il Fluismo Matera è un’entità vivente che racconta la sua storia fatta di uomini del popolo come pure di nobili e potenti. Ma la storia, per il Fluismo non è solo sequenza di date e avvenimenti, serve, piuttosto, a rivelare una visione allargata fra spirito e materia che sono propri della condizione umana, a mostrare un uomo in cammino con i suoi desideri, pensieri, azioni, con le sue gioie e i suoi dolori. E il cammino dell’Uomo-Matera inizia proprio dall’uomo delle caverne che, tuttavia, già possedeva in sé quel germe spirituale, quel desiderio occulto di spiritualità che, nei secoli, l’ha portato a diventare un attore, un interprete dell’Opera cosmica.
Ora Matera è un Saggio adulto che ha lasciato andare nei secoli miserie, dolori, morte e sopraffazione. Tutto questo è svanito, come per incanto, in un fatto puramente storico. Ora, il Saggio-Matera, lasciando il mondo della materia, può finalmente essere modello da apprezzare, espressione vivente di una ‘virtù’ che brillerà e sarà riconosciuta dal mondo intero attraverso una rinnovata Arte e Cultura che attirerà un numero sempre maggiore di esploratori del BELLO.
Vorremmo, qui, raccontare Matera attraverso due personaggi d’eccezione: i suoi figli adottivi Giovanni Pascoli e Carlo Levi
Visione del Sasso Caveoso dal muro della Piazzetta Giovanni Pascoli che si apre su Via Domenico Ridola
Matera non è solo una città della Basilicata, è ‘stratificazione’ della storia dell’uomo, visibile e tangibile proprio come la geologia ci mostra l’età della terra. È l’unica città al mondo, di cultura occidentale, che offre questa nuova prospettiva di osservazione.
Non è un caso che sia stata proclamata patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1993 e, con uno sguardo al futuro, nel 2019 sarà Capitale della cultura europea.

A Matera convivono, perché sono visibili, ancora oggi, tracce di insediamenti umani che risalgono al Paleolitico fino ad arrivare all’Età del bronzo; si va dall’habitat delle civiltà rupestri di matrice orientale, alla civitas occidentale normanna e sveva; dalle espansioni rinascimentali a quelle del barocco; dallo sfollamento disposto dal Governo negli anni cinquanta fino ai nostri giorni con la fase di recupero che ebbe inizio nel 1986 e che ci mostra Matera come è oggi: un museo a cielo aperto.
Le grotte di Matera scavate dall’uomo da sempre usate, prima come rifugi e poi come abitazioni immerse nel silenzio e nella vastità di uno scenario brullo e asciutto che contrasta con la rigogliosa vegetazione della regione, attirarono lo spirito mistico dei monaci seguaci di San Basilio che abbandonarono la Cappadocia per fuggire dall’Iconoclastia. Si rifugiarono in quelle grotte per ricoprirne le pareti di veri e propri capolavori di arte bizantina.


Quando nel 1882 il prof. Giovanni Pascoli si trovò ad insegnare al liceo di Matera,
dovette, per prima cosa fare i conti con i miasmi che venivano su dal Sasso Caveoso: il suo olfatto non era abituato, come quello dei materani, agli odori pungenti. Lo scenario che nel 1596 era stato descritto dal Verricelli come uno spettacolo unico e suggestivo dove il cielo e le stelle si potevano ammirare ‘al di sotto dei piedi degli uomini’ quando all’imbrunire gli abitanti dei Sassi accendevano i lumi, era diventato, a causa dell’incremento demografico, una cloaca a cielo aperto come ebbe a denunciare, più tardi, Carlo Levi con il suo Cristo si è fermato a Eboli.




Pascoli e Levi, questi figli adottivi, hanno sicuramente passeggiato per le strade e i vicoli di Matera, salendo o scendendone le scale, allungato il passo per quella che oggi è Via Domenico Ridola (archeologo per passione che alla fine dell’800 organizzò le prime ricerche sistematiche in Basilicata), gettato uno sguardo sul Sasso Caveoso dal muro di cinta o verso le case antiche che la fiancheggiano, ammirato gli adorni di foggia artistica in hierro forjado delimitanti piccoli balconi come era in uso a Madrid, fatto visita o sostato davanti i portali delle numerose chiese come quello delle Anime Purganti dedicato alla morte, dove le teste coronate e quelle degli alti prelati hanno una fisionomia del tutto identica a quella della gente del popolo: un teschio rinsecchito.
Proseguito per quella che oggi è Via del Corso e Piazza Vittorio Veneto per ammirare la veduta d’insieme del Sasso Barisano. Hanno avuto modo di toccare con mano ‘ignoranza e miseria’ lasciate in eredità dai Borboni, una eredità materiale e morale voluta e sostenuta dalla nobiltà e dal clero che intendevano così mantenere il loro potere su una popolazione che non viveva molto diversamente dai primi uomini insediati in quelle grotte, dove animali e uomini convivevano negli stessi angusti spazi senza acqua, illuminazione, servizi igienici.
“Un’offesa alla dignità umana” avrebbe dichiarato Alcide De Gasperi nel 1952 (sensibilizzato dal testo di Carlo Levi) e aveva ordinato che gli abitanti venissero trasferiti nelle case popolari con acqua, luce e servizi igienici, ma le vasche da bagno sembrarono un lusso eccessivo tanto da diventare piccoli orti casalinghi.
Ritenuti motivo di forte imbarazzo, solo 60 anni fa, i Sassi, sono oggi visitati da turisti provenienti da tutto il mondo e, sono stati e, continueranno ad essere fonte di ispirazione per molti artisti come scrittori, poeti, pittori, cineasti, ecc. grazie alla sorprendente energica bellezza piena di contrasti e di mistero che li anima.
Un ringraziamento particolare va alla guida dott. Francesco de Lellis che ha saputo, con la sua competenza, stimolare la visione del BELLO.
(Clara Orlandi)
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