lunedì 9 giugno 2014

6 giugno 2014


Antonello Di Pinto,  Renata Di Stasi, Francesca Benedetti e Clara Orlandi alla inaugurazione  Triennale delle Arti visive che si tiene nella facoltà di Ingegneria della Sapienza in San Pietro in Vincoli.
Abbiamo  di gran lunga apprezzato lo sforzo degli artisti e degli organizzatori della manifestazione, nel  loro tentativo di fornire  una connotazione artistica importante a questa Triennale, come si converrebbe ad una città come Roma, da sempre immersa nell’arte. Siamo, tuttavia, rimasti meravigliati nell’osservare come la qualità delle opere, nelle forme, nei colori e nei contenuti,  fosse, a volte, così poco attraente, naturalmente con qualche eccezione.
Seduti sui marmi del bellissimo chiostro  rinascimentale, attribuito a Giuliano Sangallo, eravamo lì a riflettere di come fosse difficile ‘fare arte’ ai nostri giorni. Da dove prendere spunto, come poter avere la giusta intuizione? Il Prof. Daniele Radini Tedeschi, organizzatore dell’evento,  aveva appena  verbalmente auspicato che bisogna ritornare alla condivisione dell’arte, quella che c’era nelle botteghe di una volta, tanto per intenderci, di quando l’artista era considerato un artigiano che si poteva misurare con l’altro in una sana competizione. Giustissime le sue parole. Da parte nostra, però, pensiamo che ciò non sia sufficiente: dobbiamo fare sì che l’artista possa avere l’opportunità di attingere ad una fonte nuova ed inesauribile , una comunicazione  valoriale alta, una originalità unica e irripetibile. Incredibile a dirsi, ma tutto questo sta in ognuno di noi, indistintamente e, senza eccezioni.
Il Fluismo, che si è presentato spontaneamente a noi, in maniera del tutto gratuita, suggerisce questo rinnovamento esortandoci a cercare nel profondo della nostra anima. “Già fatto! – qualcuno  subito direbbe – in fondo tutti gli artisti cercano nella loro anima qualcosa da tirare fuori!”.  La realtà sta nel fatto che noi stiamo parlando di un artista con la A maiuscola la cui anima voli  alto, in una parola sia “agganciata” al soprannaturale, al divino e perciò possa trasmettere luce e, luce soltanto, per riceverne sempre di più tanto da dover ‘indossare gli occhiali’ per non rimanerne abbagliati. Questo è  quanto ci piace pensare riguardo all’Arte, in generale, che diventi  una comunicazione superiore e che possa lavorare per il bene dell’Umanità.
In occasione della Triennale Antonello Di Pinto espone presso la Galleria di Arte Maggiore.  Vi invitiamo, se avete la possibilità, di non mancare, di vedere con i vostri occhi ciò di cui stiamo parlando.  Quest’inverno durante  la sua personale presso la stessa Galleria esponeva  “ Gli avvistatori di comete”.  Siamo rimaste ‘abbagliate’  dalle sue opere  dove i personaggi, gli occhi rivolti al cielo, rappresentano eroi attratti da mondi invisibili che non temono  le forze sconosciute della crescita. Ci siamo accorte che Antonello, con nostra meraviglia, parlava lo stesso linguaggio del Fluismo annunciando un evento unico al mondo, un viaggio senza astronave che ha inizio nelle pieghe della carne, nel cuore e nell’anima di ognuno di noi.  Così anche noi abbiamo indossato gli occhiali da saldatore e guardato in alto, scrutato il cielo con la speranza di far parte di “Quelli che cantano al giallo” come dicevano gli aborigeni australiani nella loro infinita saggezza .
Le foto, quasi inutile dirlo, sono della nostra maestra dei Tratti dell’Anima e Fotografa eccezionale, Francesca Benedetti, nonché mia amica con la quale, come sapete condivido l’avventura che il Fluismo ci sta letteralmente regalando!
A tale proposito ci fa piacere riproporre qui di seguito l’intervista fatta al maestro Antonello Di Pinto.
Un saluto a tutti e, continuate a seguirci, le novità sono appena iniziate!!!!!

Clara Orlandi



















Intervista Antonello

Ho conosciuto Antonello in occasione della sua personale presso la Galleria d’Arte Maggiore a Roma.
Gli Avvistatori di Comete, questo il titolo della mostra; critico d’eccezione: Vittorio Sgarbi. Queste le sue parole: “Dipingere è un’arte difficile. Non molti sono dotati ma Di Pinto lo è. Oggi il pittore è obbligato a trovare temi che diano un senso alla propria visione. Di Pinto è un artista legato al suo tempo e ha capito l’importanza di trovare linguaggi che incontrino la sensibilità di nuove generazioni. Attraverso i suoi soggetti Di Pinto dà  forma alle sue idee e ai suoi sogni. I soggetti di Di Pinto vivono una loro intensa solitudine e hanno una storia da raccontare…”

Che Antonello sia una persona non comune è evidente. Basta parlare un po’ con lui per rendersene subito conto. È un uomo dalla vitalità dirompente, una di quelle persone che hanno già tutto dentro di sé fin dalla nascita, possiede una intelligenza brillante, propria dell’essere creativo a 360 gradi. Antonello dice :“Per me dipingere,  scrivere, comporre una canzone, curare la siepe di gelsomino, cucinare, ristrutturare casa, comunicare, sono la stessa identica cosa”. È fuori dubbio che Antonello mette passione in tutto ciò che fa.
Questo suo modo di essere rispecchia una intensità emotiva che è presente in tutte le sue opere e che colpisce al primo sguardo per lasciar trasparire una determinazione, quella che ti porta costantemente a migliorare. Antonello è un uomo dalla coscienza lucida sulle sue capacità e potenzialità. Questa è stata la mia  percezione su di lui. Dopo i primi contatti e, con la speranza che questo notevole artista potesse aderire al FLUISMO, abbiamo dato appuntamento ad Antonello ad Anzio, un ridente comune del Lazio, ed ora siamo qui seduti intorno al tavolino di un bar-veranda che s’affaccia sul porticciolo; la sua bellissima moglie, la signora  Renata Di Stasi ci fa compagnia per questa intervista.

Clara. Allora Antonello, intanto ti ringrazio per aver accettato di incontrarci e, per rompere il ghiaccio, come se ce ne fosse bisogno, inizio subito col chiederti quando e dove sei nato.

Antonello. Sono nato a Barletta il 5 settembre del ’60, ma mi divido fra l’Italia e la Spagna, terra che adoro. Ora vivo con la mia famiglia a Lavello un piccolo paese della Lucania.

Clara. Sono curiosa di sapere come e quando è iniziata la tua passione per la pittura, come ti sei avvicinato ad essa…

Antonello. Non mi sono mai avvicinato alla pittura, sono sempre stato un pittore. Non esagero se ti dico che sono nato così. Mi ricordo che avevo solo tre anni, quando il giorno della Befana, mi regalarono un astuccio di colori. È così che ho iniziato a disegnare, incoraggiato dalle suore benedettine, ero molto apprezzato per i miei disegni coreografici dei santi, degli angeli e del Bambino Gesù. Insomma, a cominciare dalle matite, i colori non mi hanno mai abbandonato. Poi, in casa, c’era mio fratello Nicola che dipingeva e, dunque, da sempre ho vissuto l’odore  della pittura. 

Clara. C’è, nella tua produzione artistica, un’opera che ti rappresenti in modo particolare, un’opera con cui ti identifichi?

Antonello. No, assolutamente no. Il buon quadro non l’ho ancora fatto!

Renata. Sono quarant’anni che mio marito parla di un buon quadro. Ogni volta che ha in mente un’opera nuova, spero sempre sia quella giusta! Per il momento stiamo lavorando alla ricerca di una modella che possa ispirare ad Antonello la figura dell’Arcangelo Gabriele.

Clara. Beh! Puoi anticiparmi qualcosa su questa nuova tela? Perché l’Arcangelo Gabriele?

Antonello. Chi siamo e da dove veniamo è la domanda che mi pongo di fronte alla tela bianca, ma soprattutto mi chiedo dove andremo e come traghettare tutta l’arte del passato in un linguaggio e una forma nuova che possa parlare alle nuove generazioni. Non bisogna dimenticare i grandi insegnamenti del passato da Van Dik a Rubens, a Giorgione, a Lorenzo Lotto. Tutti i grandi artisti del passato contribuiscono a definire al meglio il mio linguaggio espressivo.

Clara. E Gabriele?

Antonello. Il nome Gabriele deriva dall’ebraico e significa ‘l’uomo forte di El’. Ha annunciato la nascita di Giovanni Battista e di Gesù e per i musulmani è stato il tramite attraverso cui Dio rivelò il Corano a Maometto ed è uno dei capi Messaggeri di Dio. Nella tradizione biblica è, a volte, rappresentato come l’angelo della morte o anche come l’angelo del fuoco. Il Talmud lo descrive come l’unico angelo che può parlare siriaco e caldeo.

Clara. Osservando le opere che hai presentato in Avvistatori di Comete, ho avuto la stessa sensazione che ho provato per la prima volta davanti alle opere degli aborigeni australiani, così lontani da noi per tempo, luogo e cultura. Ho scoperto che le loro opere, così come le tue, non vanno semplicemente osservate. Ci sono opere che ti parlano, che ti vengono incontro, sembrano uscire dalla tela per interagire col tuo sentire. Sono opere che pongono domande, che sollecitano, in un certo senso, il cammino interiore proprio di ogni individuo. Pensi che io abbia visto giusto?

Antonello. È così, non voglio continuare per tutta la vita ad incrementare il numero delle mie opere solo per accumulare consensi, si tratterebbe solo di liberarmi dall’ansia che ogni volta mi prende quando inizio a pensare di realizzare un’opera. Sento che in ogni uomo c’è il momento dell’interiorità, a volta è solo un inizio, a volte è così breve che si rischia di non percepirlo. Io non voglio che la storia della mia pittura abbia una fine senza che si sappia chi è il Vero Protagonista.

Clara. Molto interessante, quindi una interiorità senza spazio né tempo.

Antonello. Sì, hai toccato un tasto importante la chiave dei miei concetti sta nel tempo. Sogno un Universo che diventi sempre più piccolo per il genere umano, un luogo dove potersi muovere semplicemente con un battito di ciglia.

Clara. Ancora una volta trovo analogie con il così detto Tempo del Sogno degli aborigeni australiani: un luogo dove passato, presente e futuro sono un tutt’uno. 


Antonello. Sì è in questo spazio che vorrei trovarmi, per comprendere come questo spazio funzioni….meno male che c’è Renata a sostenermi. È al mio fianco da sempre con i suoi suggerimenti preziosi. È lei che mi ha spinto, ad esempio, a frequentare l’Accademia. È in Accademia che ho imparato a conoscere le tecniche, i materiali, gli stili, la storia dei grandi personaggi. È attraverso la mia formazione che posso esprimermi al meglio. Nei miei dipinti c’è tutta l’arte antica riflessa nell’arte contemporanea. Certo, dopo tanti anni di studio e di ricerca, la tecnica rimane in secondo piano, ciò che mi interessa oggi è il fatto di essere compreso subito da chi guarda in modo tale che il mio pensiero diventi visibile, fruibile, fluistico tanto da poter far scaturire un dialogo fra le miei opere e chi le ‘ascolta’.

Clara. Renata, come vivi vicino a questo uomo ‘vulcanico’?

Renata. La complicità è ciò che ci tiene uniti. Antonello è un uomo col quale non ti annoi mai. Ricordo come un giorno di tanti anni fa, presi entrambi dalla passione per la Spagna montammo in macchina e partimmo senza una meta per arrivare in Catalogna dove ci siamo stabiliti artisticamente.

Antonello. Scusa Clara ti ho accennato alla mia propensione per la scrittura.

Clara. No, ma non ne sono affatto sorpresa la mia impressione su di te è quella di trovarmi di fronte a un creativo a 360°.
Non faccio in tempo a formulare questo mio pensiero che Antonello tira fuori dalla sua valigetta due volumi da lui scritti e mi dice :”Bene, leggi e poi fammi sapere che ne pensi!”.

Clara Orlandi





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